FRIGIDO (fiume). Provincia di Massa Carrara. Nasce dal monte Rasori (m 1422). Sbocca nel mar Tirreno a Marina di Massa

 

viaggio in canoa

 

La provincia di Massa-Carrara racchiude in un piccolo fazzoletto di terra differenti realtà territoriali che nel tempo l’ uomo ha sfruttato in maniere diverse. Oltre al marmo, altre risorse fondamentali per la zona sono state le cave minerarie di quarzite e ferro, l’agricoltura e la pastorizia, la coltivazione del castagno e la presenza abbondante delle acque di fiumi e torrenti.
L’ acqua infatti, sfruttata in tempi passati come la prima fonte da cui ricavare energia, ha agevolato da sempre il lavoro agricolo (incentivando la realizzazione di infrastrutture a energia idraulica come mulini e frantoi oggi importanti testimonianze archeologico industriali) e ha favorito in tempi più recenti il lavoro industriale come l’ escavazione del ferro e l’ industria tessile (vale per tutti l’ esempio della filanda di Forno, uno dei borghi a monte della città di Massa)

Queste attività passate hanno lasciato ai posteri interessanti resti dal punto di vista ingegneristico architettonico e tecnologico; testimonianze importanti dell’ ingegno e della capacità di adattarsi dell’ uomo che oggi è possibile conoscere grazie al loro restauro e alla loro conservazione. Si possono cosi realizzare itinerari sulle varie tappe che l ‘uomo ha dovuto attraversare per arrivare a quello che è la nostra economia produttiva odierna.

Questo anche lo scopo del Museo Etnografico della Lunigiana. Situato in un complesso di edifici storici comprendenti gli antichi mulini trecenteschi della comunità di Villafranca conserva le testimonianze materiali della civiltà contadina rimasta immutata per secoli. Il percorso museale prevede tre grandi aree tematiche corrispondenti ai tre piani in cui si sviluppa la struttura architettonica. l'attività di lavoro dello spazio casa, attività artigianali, lavoro agricolo e le attrezzature restaurate del mulino e del frantoio. Per le scuole sono organizzati laboratori didattici dove si approfondiscono i temi della castanicoltura, la lavorazione del latte, la lavorazione della canapa e la produzione di tessuti, la lavorazione del legno, l’ intreccio del vimine.

Diversi luoghi, in tutto il territorio provinciale, possono far comprendere ai ragazzi quando appreso in fase divisita museale: ottime guide a questo scopo sono i percorsi dell’Ecomuseo della Montagna Lunigianese, un sistema di organizzazione dei siti di interesse naturalistico, storico, architettonico, artistico di un territorio compreso in gran parte nel Comune di Fivizzano e di Casola. Esso di si struttura in nove itinerari tematici: quello preistorico: i primi segni dell’uomo; gli itinerari storici: la pietra, Fivizzano Città Nobile, l’economia e l’archeologia industriale, il romanico e l’arte medievale, il castagno; l’itinerario umano: la memoria delle stragi nazifasciste; l’itinerario del paesaggio agrario e dell’agricoltura; l’itinerario naturalistico: le vie dell’acqua. Un’esempio di tappa di tali itinerari è il Castagneto di Sassalbo, uno dei tanti della provincia. 

Quando, nel medioevo, si iniziarono ad impiantare su vasta scala i novelleti di castagni, si aveva ben chiaro che quella pianta aveva una possibilità eccezionale di utilizzo. Dal legno, per fare strumenti, arredi, edilizia agricola ed abitativa; alle foglie, per fare rusco, strame ma anche ad uso alimentare per fare basi per le pattone o il pane; il frutto per l’alimentazione umana ma anche, con gli scarti, degli animali producendo proteine. Ad esso la montagna deve la vita. Il paesaggio del castagneto è stupendo e i molti metati (o seccatoi, cannicci, graticci) raccontano di come e dove le castagne, una volta colte, venivano seccate al fuoco lento per molti giorni. Sassalbo è l’unico paese compreso nel Parco Nazionale dell’Appennino. Dopo il bosco e la raccolta, il lavoro e la farina sono i processi visibili al mulino di Arlia, dove giungevano le castagne, una volta seccate e pulite. Il mulino di Arlia è stato restaurato ed è tutt’ oggi funzionante proprio a scopo didattico. Cio ci permette di conoscere le fasi di funzionamento per la realizzazione della farina dolce, che chiusa negli scrigni, di legno, doveva durare tutto l’anno.
Il mulino si compone di tre macine (una per il grano una per il granturco e una per le castagne), il magazzino ed il ricovero dei muli.

Proseguendo, nel Parco culturale delle grotte di Equi Terme, sarà il lavoro dell’uomo preistorico ad essere protagonista: una struttura complessa che si compone di La Buca e le nuove grotte rappresentano uno dei soli tre complessi carsici attrezzati del Parco delle Alpi Apuane Il Museo delle Grotte, struttura didattica e naturalistica, Il Solco di Equi, canyon naturale con piante insettivore in cui si aprono la Tana della Volpe, grotticella sepolcrale, la Grotta delle Felci e il Buco del Diavolo, L'Archeoparco formato dalla ricostruzione dell'ambiente paleolitico e neolitico con ripari sottoroccia e capanne, in cui si svolgono attività di archeologia sperimentale per rivivere momenti della preistoria e della protostoria. Equi Terme deve il suo nome e le sue fortune alla sorgente termale, da cui sgorgano acque termo solforose radioattive, conosciuta fin dall'antichità e attualmente sfruttata da uno stabilimento che sorge a monte del paese. Ancora tappe dell’Ecomuseo sono l’Antico Mulino di Arlia e Agnino “ la casa dei sapori”.

L’antico mulino ad acqua di Arlia, con le sue tre macine (per le castagne, il grano ed il granturco), il magazzino ed il ricovero per i muli, che trasportavano su e giù per l’erto sentiero i pesanti sacchi, fu in uso sicuramente dal XIX secolo, come testimonia la data incisa su una pietra, fino al 1968 e servì più comunità del circondario. Interamente restaurata, lastruttura è oggi nuovamente funzionante con il meccanismo idraulico ed è possibile visitarla ed assistere alla macinatura ad acqua delle farine. Come Arlia, altri mulini offrono visite guidate in tutta la provincia, come il Mulino Giuliani a Villafranca, il Mulino di Canevara a Massa. Non si può tralasciare l’aspetto delle tradizioni enogastronomiche del mondo contadino, ricchissime in tutti i settori.

Con la “Casa dei sapori” , si è voluto creare un luogo ove si possono conoscere i prodotti alimentari tradizionali del territorio ed essere orientati alla spesa ed alla ristorazione tipica e tradizionale lunigianese (con attenzione speciale alla Lunigiana orientale) Agnino ,fa parte insieme ad altre comunità della Lunigiana di quella che viene chiamata “la via dei pani “ che si snoda fra la Garfagnana e la Lunigiana. A Signano, Vinca, Pò, Agnino e Regnano,infatti , si producono ancora nei forni a legna pani di diverse pezzature e forme con gli ingredienti semplici, alla base di tutti i pani toscani: farina di frumento, acqua, lievito naturale e un poco di sale, pochissimo. La coltivazione dell'antica varietà di mais ottofile permette di produrre ottimi pani di mais, dalla fragrante pasta colore giallo intenso. Due pani tradizionali delle Apuane sono diventati Presidi Slow Food: sono il pane di patate della Garfagnana e la Marocca di Casola.

Il pane di patate è chiamato anche "pane garfagnino": è una variante ingentilita di un pane di mistura diffuso un tempo, specie nelle annate avare di cereali, in tutta l'Europa continentale. La Marocca di Casola è un pane fatto con farina di castagne, un tempo prodotto tutto l'anno grazie alla conservabilità di questo tipo di farina, l'unica sempre disponibile in montagna. Marocca pare derivi dal dialettale marocat, cioè poco malleabile: questo pane, infatti, in passato, aveva una consistenza molto dura. Ma l'elenco dei pani è molto più lungo. C'è il pane marocco, tradizionale di Montignoso. Non è un pane e non è una semplice focaccia, è un pane condito, a base di farina di mais, farina di grano tenero, olive, intere e in salamoia, aglio, rosmarino e ancora salvia, peperoncino.. insomma, quasi un pasto completo. Non lontano da Agnino a Monzone possiamo fare esperienza di un’ altro tipo di attività produttiva che non è più legata al mondo agricolo ma riguarda più prettamente quello industriale: il Museo del lavoro di Monzone è nato proprio con l’ intento di rendere omaggio doveroso e riconoscente ai lavoratori della Valle del Lucido che, dopo millenni di vita contadina, hanno animato una fase, unica in Lunigiana, di sviluppo industriale legato alle cave di marmo e quarzite, alle segherie, alle fornaci da calce, ai trasporti creando, con ingegno e fierezza, alcune opere straordinarie il come la teleferica del balzone la più grande del mondo.

Il museo è allestito nella Stazione FFSS e documenta il passaggio dall’agricoltura all’economia industriale con tutte le sue conseguenze storiche e culturali. In esso, la “Grande teleferica” è ricostruita, in modello. Ospiterà anche la Banca della memoria del lavoro industriale nella valle. Il percorso alla scoperta del lavoro dell’uomo che è partito dall’entroterra della provincia, non può che concludersi sulla costa con la visita alla Filanda di Forno e al Museo etnologico delle Alpi Apuane a Massa. Nella stretta valle del fiume Frigido, nella strada che porta alle cave di Massa, sorge Forno la cui nascita era dovuta alla lavorazione del ferro già conosciuta nel XIII secolo.

Alla fine dell'Ottocento, a Forno il conte Ernesto Lombardo impiantò un cotonificio La "Filanda" L’ imponente stabilimento,destinato alla lavorazione del cotone,sfruttava la potenza delle acque del Frigido che in quel punto aveva la sua sorgente, compiendo un salto di circa 64 metri. Nel 1893 la Società del Cotonificio Italiano al Forno era dotata di tre caldaie a vapore di un motore di 500 cavalli di potenza e di un motore idraulico di 750 cavalli. Lo stabilimento, realizzato su progetto dell'ingegner Frimi, era costituito dagli edifici del cotonificio e del magazzino, da un corpo di fabbrica per gli uffici, l'officina e la casa del direttore, e da un complesso di abitazioni per i dipendenti. La lavorazione del cotone seguiva un procedimento diviso in sei fasi (bagnatura, battitura, stiratura, cardatura, banchi intermedi e filatura). Il cotonificio arrivò a dare lavoro a quasi 1000 persone e il paese si ingrandì attorno ad esso. Colpito succesivamente dalla crisi economica e industriale della fine degli anni Trenta del Novecento e penalizzato dalla chiusura della tramvia a vapore, diminuì progressivamente la produzione sino a cessarla all'inizio della Seconda Guerra Mondiale. Trasformato in magazzino della Marina Militare, il complesso fu depredato e danneggiato dall'esercito tedesco. La filanda è stata, in parte, recentemente restaurata ed ospita un centro di accoglienza del Parco Regionale delle Alpi Apuane ed un piccolo museo con la storia e alcuni macchinari del cotonificio. Sia il centro che il museo sono assolutamente da visitare così come va vista, in fondo ai resti del cotonificio, la sorgente del fiume Frigido che scaturisce da sotto terra con una massa d'acqua impressionante. Proprio davanti alla filanda si trova una guglia rocciosa, il Pizzoacuto o Pizzo del Cotonificio, dalla forma stranissima e inconfondibile

Il Museo etnologico delle Alpi Apuane, allestito nei pressi dell'antico Santuario della Madonna degli Uliveti e conserva oltre 10.000 oggetti legati alle attività rurali e alla vita quotidiana. Nelle oltre 30 sezioni sono esposti strumenti per la lavorazione della terra, dei vigneti, dei filati, per l'allevamento e ogni lavoro artigianale. Sono inoltre ricostruiti gli ambienti in cui si svolgevano le diverse attività, con particolare attenzione all'archeologia industriale. Infine, per le scuole elementari, ma anche per le medie inferiori, è altamente interessante l’offerta didattica di alcuni agriturismi e fattorie biologiche. In queste strutture i bambini e i ragazzi conoscono da vicino le attività del lavoro agricolo, la vita degli animali e le attività produttive, la produzione dei cibi contadini quali miele, formaggi, pani etc.

(Itinerario proposto da Apt Massa Carrara)